sabato 25 agosto 2007
Ridateci il calcio di una volta!
È perfettamente inutile perché malati non sono i tifosi, malato è il calcio. Violenti non sono i tifosi, violento è diventato il calcio, per essere più precisi, la malattia e la violenza dei primi sono la conseguenza della malattia e della violenza del secondo.
Il calcio era una straordinaria festa nazionalpopolare, un rito collettivo che si celebrava la domenica come la messa, carico di significati simbolici, mitici, sentimentali, identitari. Ed era anche una pacifica metafora della guerra che, con le urla, gli insulti all'arbitro nella funzione farmaceutica di "capro espiatorio" (in greco il "capro espiatorio" era chiamato "pharmakos") gli striscioni anche truculenti, serviva a scaricare l'aggressività naturale che è in ciascuno di noi, a canalizzarla in modo intelligente, a controllarla.
Nel corso del tempo tutti questi motivi rituali, mitici, simbolici, identitari sono stati spazzati via dallo show-business. Quell'antica festa è stata ridotta a una pura partita di denaro, a un affare colossale, con in gioco interessi economici enormi, televisivi e pubblicitari.
Le partite sono state spalmate sull'intera settimana, e quando non c'è il campionato, il martedì e il mercoledì c'è l'odiosa Champion's League al posto della vecchia, cara Coppa dei Campioni cui partecipavano ad eliminazione diretta solo le squadre che avevano vinto lo scudetto e quindi con un numero di incontri molto minore, il giovedì c'è l'Uefa.
Di calcio si parla, invece che il lunedì mattina negli uffici, nelle fabbriche, al bar, tutta la settimana in talk-show demenziali con protagonisti altrettanto demenziali. I giocatori non sono più solo giocatori, dei in campo e gente qualunque fuori, ma testimonial, sponsor, divi del jet set internazionale di cui i giornali raccontano amori, fidanzate, figli, famiglia (ma perché mai, perdio, devono sapere tutto delle scopate di Totti? Totti lo voglio, e lo devo, vedere solo in campo a fare le cose straordinarie che sa fare e stop).
Come si poteva pensare che proprio i tifosi, e in particolare il lumpenproletariat più emarginato che si nutre solo di pallone, sfuggissero a questa enfiagione mostruosa del calcio, a questo autentico cancro che dirama ormai la sue metastasi in tutte le direzioni? Anche i tifosi vogliono sentirsi protagonisti di questo Barnum e ritagliarsi la loro fetta di importanza. La loro violenza fisica è un riflesso della violenza economica che è ormai la vera cifra del calcio.
Le partite, oggi, non sono più partite ma sopraffazione economica di chi ha più denaro e può comprarsi ogni anno i giocatori migliori, i più forti tecnicamente, i più attrezzati fisicamente, strappandoli alle altre squadre d'Italia, d'Europa, del mondo, su chi ne ha meno.
Inoltre nel tifoso che getta oggetti sul campo, danneggiando la propria squadra, la "squadra del cuore", c'è, seppure inconscio, il sottile e masochistico piacere di partecipare anch'egli alla definitiva demolizione di un meraviglioso giocattolo che gli è stato distrutto sotto gli occhi.
Il tifoso violento è come il bambino che, per rabbia, calpesta il giocattolo che qualcun altro gli ha rotto. E non è il peggiore in questa storia. L'estate di due anni fa gli ultras di 78 squadre di A, B e C manifestarono, molto civilmente e senza dar luogo ad alcun incidente, sotto la sede della Federcalcio a Milano al grido di: «Ridateci il calcio di una volta». Con i numeri dall'1 all'11 come una volta, con le partite giocate solo il pomeriggio della domenica come una volta, con giocatori che non passino da una squadra all'altra ogni campionato o addirittura durante il campionato, con meno peruviani, coreani, nigeriani in campo e più "enfants de pays" e così via. Ma non sono stati ascoltati. Sono stati anzi irrisi come individui fuori dal loro tempo. Bene, allora i tempi sono questi. Teneteveli.
sabato 18 agosto 2007
Alla persona che amo...grazie Monica!
Poi è arrivata una notte di mezza estate che ha portato con se una specie di illuminazione, di luce. Alcuni sguardi accompagnati da un buon vino, un’intesa che cresceva sugli scogli di una Vernazza mai così bella come in autunno, una voglia di stare insieme che si alimentava quotidianamente prima, sulle colline toscane poi, sulle cime più alte d'Europa di un Trentino mai così gelido come nel luglio scorso, hanno fatto il resto.
Oggi posso affermare di aver finalmente conosciuto e fatto mia quella parola strana e apparentemente infinita, ma che in realtà è anche molto concreta. Ha un nome ed un cognome, ha un profumo inconfondibile, ha uno sguardo che ti lascia immobile e pietrificato, ha la dolcezza, ha la passione, ma soprattutto trasmette un desiderio sconfinato di vivere insieme le avventure più spettacolari che il teatro della vita può e riesce ad offrire se sapute ricercare.
Voglio ringraziarti, Monica, per aver saputo cambiare una grande testa di c…o come me, per avermi insegnato cosa può generare la parola amore, se compresa e vissuta. Voglio portare con me per tutta la vita queste emozioni ed assaporarle fino in fondo, non esiste il futuro senza l’amore.
Second life, attacco mirato alle coscienze ipnotizzate
Bene, a tutto questo, e molto altro ancora c’è “Second Life”: un sito internet che ti permette di ‘incarnare’ un avatar (personaggio virtuale) e fare qualsiasi cosa, anche la più impensabile.
"Molto interessante", direbbe qualcuno: ma qual è il rovescio della medaglia? Rovescio che vedremo assai inquietante!
Si corre il rischio di confondere la propria vita reale con una vita assolutamente finta, di rimanere ‘intrappolati’ in un mondo virtuale e vivere là la propria vita, alienandosi quella reale, certamente molto più complessa e difficile; si rischia di perdere anche quel poco di responsabilità e moralità che ancora ci rimane, perché dentro Second Life tutto è possibile e senza tanti scrupoli; le ore e le giornate intere passate dentro questo mondo possono compromettere le amicizie, il lavoro e tutti i rapporti sociali. Per ultimo, il denaro virtuale che viene usato deve essere prima cambiato con dollari veri…
In definitiva si tratta di un attacco diretto e mirato alle coscienze (sempre più ipnotizzate) dei più giovani, un tentativo assai pericoloso di disumanizzazione. Il rischio finale è proprio quello di perdere una parte della propria anima e vivere una pseudo-vita che non ci appartiene!
giovedì 16 agosto 2007
Questo blog appoggia Movimento Zero
Movimento Zero si ispira alle idee del giornalista, scrittore e pensatore Massimo Fini. È un movimento culturale e politico che intende non solo diffondere queste idee ma vivificarle e renderle il più possibile concrete con una partecipazione attiva nella società italiana, e non solo, attraverso tutti gli strumenti a ciò idonei: manifestazioni, incontri, dibattiti, mezzi di informazione, legami con altri gruppi che abbiano sensibilità e finalità affini.
È strutturato sulla base di un’ampia autonomia d’iniziativa delle diverse realtà locali in cui si articola. Le linee culturali e politiche di fondo di Movimento Zero sono espresse nel Manifesto dell’Antimodernità ."Un Modello di sviluppo atroce, sfuggito dal controllo anche di chi pretende
di governarlo, ci sta schiacciando tutti, uomini e donne di ogni mondo.
Proiettandoci a una velocità sempre crescente, che la maggioranza non riesce
più a sostenere, verso un futuro orgiastico che arretra costantemente
davanti a noi - perché è lo stesso modello che lo rende irraggiungibile -
crea angoscia, depressione, nevrosi, senso di vuoto e inutilità. In
occidente questo modello paranoico è riuscito nell'impresa di far star male
anche chi sta bene (566 americani su mille fanno uso abituale di
psicofarmaci). Esportato ovunque, per la violenza dei nostri interessi e
quella, ancor più feroce, delle nostre buone intenzioni, il modello
occidentale ha disgregato popolazioni, distrutto culture, identità,
specificità, diversità, territori, tutto cercando di omologare a sé.
Il marxismo si è rivelato incapace di contenere e di sconfiggere il
capitalismo. Perché non è che una variante inefficiente dell'Industrialismo.
Capitalismo e marxismo sono due facce della stessa medaglia. Nati entrambi
in occidente, figli della Rivoluzione industriale, sono illuministi,
modernisti, progressisti, positivisti, ottimisti, materialisti,
economicisti, hanno il mito del lavoro e pensano entrambi che industria e
tecnologia produrranno una tale cornucopia di beni da far felice l'intera
umanità. Si dividono solo sul modo di produrre e di distribuire tale
ricchezza. Questa utopia bifronte ha fallito. L'Industrialismo, in qualsiasi
forma, capitalista o marxista, ha prodotto più infelicità di quanta ne abbia
eliminata. Per due secoli Capitalismo e Marxismo, apparentemente avversari,
in realtà funzionali l'uno all'altro, si sono sostenuti a vicenda come le
arcate di un ponte. Ma ora il crollo del marxismo prelude a quello del
capitalismo, non fosse altro che per eccesso di slancio.
Su questi temi fondanti però si tace o li si mistifica. Anche le critiche
apparentemente più radicali si fermano di fronte alla convinzione
indistruttibile che, comunque, quello industriale, moderno, è 'il migliore
dei mondi possibile'. Sia il capitalismo sia il marxismo, nelle loro varie
declinazioni, non sono in grado di mettere in discussione la Modernità
perché nella Modernità sono nati e si sono affermati. Danno per presupposto
ciò che deve essere invece dimostrato.
Stanchi di subire la violenza dell'attuale modello di sviluppo e il silenzio
complice o la sordità di coloro, politici ed intellettuali, che dovrebbero
farci da guida e invece ci stanno portando all'autodistruzione, in una
società che non è più capace di recepire argomenti ma solo 'coup de thèatre'
abbiamo quindi pensato, recuperando una antica tradizione, di ricorrere ad
un MANIFESTO in 11 punti che traccia le linee ideali e culturali di un
programma che intendiamo portare anche in campo politico, extraparlamentare
e parlamentare. Vogliamo passare all'azione .
belanti come pecore, ciechi come struzzi che han ficcato la testa nella
sabbia. Infondo non si tratta che di riportare al centro di Noi stessi
l'uomo, relegando economia e tecnologia al ruolo marginale che loro compete.
Chi condivide in tutto o in parte lo spirito del Manifesto lo firmi. Chi
vuole collaborare anche all'azione politica, nei modi che preferisce e gli
sono più congeniali, sarà l'arcibenvenuto. Abbiamo bisogno di forze fresche,
vogliose, determinate, di uomini e donne stufi di vivere male nel "migliore
dei mondi possibili" e di farsi prendere in giro. Forza ragazzi: si passa
all'azione".
(Massimo Fini.it)
Musica: The Good, the Bad & the Queen
Con Albarn voce solista e keyboards, c'è la sobria chitarra di Simon Tong (già Verve), alla batteria uno di quei nomi che ai più non dicono nulla, ma ad un cultore di musica mettono soggezione, Tony Allen, il batterista di Fela Kuti, praticamente inventore dell'afro beat, al basso una figura di culto del punk, quel tizio immortalato a novanta gradi mentre si appresta a spaccare il suo strumento sul palco nella leggendaria copertina di London Calling dei Clash: si, esatto, mr. Paul Simonon.
Su liriche pungenti spesso riguardanti la attuale situazione socio-politica inglese (di nuovo Ray Davies docet), l'album musicalmente si distende quieto, riflessivo, nessuno spazio per il divertimento o arse-shaking d'ogni sorta, atmosfera briosamente plumbea, l'uso di tappeti elettro-sintetici è sempre perfettamente bilanciato dalla strumentazione standard, il basso profondo e quasi sempre dub di Simonon, i ricami chitarristici di gran gusto di Tong, il drumming mai prevedibile del vecchio saggio Allen.
Inutile, per certi versi, citare brani specifici, proprio per l'omogenea alta qualità delle dodici tracce, un lavoro per il quale è superfluo cercare paragoni o accostamenti, ma per accontentare gli amanti dei paragoni a tutti i costi si potrebbero tirare in ballo il mood quietamente oscuro caro al Nick Cave degli anni ‘90 che pervade l'album nella sua totalità, lontani echi di Morricone nella seconda metà del cd, spruzzate moderate di Gorillaz (e dei Blur riflessivi di Think Tank).
Si potrebbero citare Northern Whale ed Herculean, che si avvolgono in un mantra elettro degno dei migliori Air, Kingdom Of Doom, splendido dreamy pop molto "blurred" o 80's Life, doo wop da terzo millennio, ma, in generale, siamo di fronte ad un lavoro difficilmente catalogabile, che profuma di tutto senza citare apertamente nulla, e che proprio per questa peculiarità è già un classico, un album destinato a durare nel tempo, per il quale non si potrà dire neanche fra trent'anni che ”suona datato”.
Le dichiarazioni di facciata giustamente danno i meriti di cotanta originalità equamente divisi per quattro, ma è innegabile che Albarn abbia recitato la parte del leone edificando le fondamenta del tutto, complimenti vivissimi.
L'8 settembre tuttti in piazza per il V-Day
martedì 14 agosto 2007
Conflitti in corso...
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Questa lista elenca tutti i conflitti in corso attualmente nel mondo, divisi per continente e ordinati secondo l'anno di inizio.
L'eventuale anno indicato tra parentesi si riferisce all'inizio di un conflitto nello stesso luogo le cui parti contendenti non sono più quelle attuali.
Indice
Africa
* 1986 - Conflitto in Uganda
* 1991 - Guerra in Somalia
* 1993 - Guerra civile in Nigeria
* 2003 - Conflitto del Darfur (Sudan)
* 2005 - Guerra in Saharawi (Marocco)
* 2005 (1960) - Guerra civile in Ciad
America
* 1964 - Guerra civile in Colombia
Asia
Caucaso e Medio Oriente
* 1982 (1948) - Conflitto israelo-palestinese (Israele, Palestina, Libano)
* 1999 (1994) - Conflitto in Cecenia, Inguscezia e Daghestan
* 2002 (1979) - Guerra in Afghanistan
* 2003 (1991) - Guerra in Iraq
* 2004 (1990) - Guerra civile in Abkazia e in Ossezia del sud (Georgia)
* 2004 - Conflitto in Turchia (Kurdistan)
Asia meridionale ed Estremo Oriente
* 1969 - Conflitto in Papua Occidentale (Indonesia)
* 1977 - Conflitto negli stati nord-orientali dell'India
* 1983 - Guerriglia in Sri Lanka
* 1988 - Guerra civile in Birmania (Myanmar)
* 1989 (1947) - Conflitto in Kashmir (India, Pakistan)
* 1990 (1980) - Guerriglia nelle Filippine
Europa
* Nessuna guerra è in corso.
Oceania
* Nessuna guerra è in corso.